La dichiarazione giunge dopo coloqui con il Comitato per gli affari religiosi di Ho Chi Minh City. Sono sempre valide le affermazioni dell’episcopato sulla necessità che, anche quando ci sono delle controversie, i media rispettino la verità e costruiscano “ponti” e non divisione nella comunità.

Ho Chi Minh City (AsiaNews) – L’arcidocesi di Saigon “non sposterà la chiesa di Thu Thiem, né il terreno delle suore della congregazione delle Thu Thiem Holy Cross Lovers”. La citata dichiarazione dell’Ufficio episcopale fa espresso riferimento a discussioni con il Comitato per gli affari religiosi della città, a “evidenze storiche” e “in primo luogo all’esistenza della chiesa nella zona” ed è la risposta uffciale della Chiesa alla pretesa del Comitato del popolo del Secondo distretto di Ho Chi Minh City che voleva spostare le suore per costruire sui loro terreni un “centro commerciale polivalente”.

La richiesta delle autorità, presentata l’11 giugno, riguarda un terreno di 3,5 ettari, quello che resta dopo la confisca di 119 ettari di terreno con la scuola media e superiore, avvenuta dopo che l’allora Saigon è stata presa dai comunisti. Dal 1884, le suore avevano speso un’incalcolabile quantità di tempo per trasformare una zona tropicale, umida e boscosa in case, chiesa, scuole e fattorie vivibili, nelle quali si mantenevano loro e i poveri della zona.

La Congregazione, spiega ad AsiaNews suor Maria, “non può spostarsi, perché la presenza delle suore è necessaria a loro e alla popolazione. Per più di un secolo, le suore sono vissute lì, contribuendo alo sviluppo economico, culturale ed educativo della comunità. Sono fattori, insime a quello religioso, davvero importanti per la comunità e la città e non possono sparire e abbandonare la comunità”.

Nel corso di un incontro con il distretto di Thu Thiem, alcuni quadri locali hanno espresso “solidarietà” alle suore, che hanno organizzato classi di carità e attività sociali per aiutare i bambini, i giovani e i poveri del posto. “Vogliamo – hanno detto - parlarne con il Comitato del popolo”.

Da parte sua, un’anziana suora si è rivolta alle autorità locali ricordando che “non si può escludere la religione, la storia e la cultura, dai nostri antenati a oggi. Comunque, anche gli attuali abitanti della zona hanno la necessità di avere chiesa, pagone e tradizioni culturali locali. Se non si trova una soluzione opportuna, avremo drog, prostituzione, furti, giovani che violano la legge e molti altri mali sociali. Perderemo i valori della comunità”.

In questo quadro le suore hanno chiesto l’aiuto della diocesi.

La risposta della diocesi si pone nel solco dell’auspicio, recentemente ribadito dalla Conferenza episcopale vietnamita, che siano il dialogo e la verità le linee da seguire se ci sono delle controversie. Dialoghi diretti, aperti e onesti nella pace e nel reciproco rispetto. I vescovi lo hanno ripetuto sul loro sito in seguito alla controversia scoppiata per la parrocchia di Tam Toa. Essi ricordano di essersi espressi già l’anno scorso sulla necessità di rivedere la legislazione riguardante la proprietà della terra, riconoscendo il diritto di proprietà dei privati sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Al tempo stesso, i vescovi hanno chiesto che, quando ci sono delle controversie, “alcuni media” non facciano come è accaduto in passato, quando, invece di “costruire ponti”, hanno distorto la verità e creato divisione. Anche se queste cose non sono state ribadie in occasione dei recenti avvenimenti, è chiaro che quanto sostenuto sulla stampa e la comunicazione non cambia. Perché rispttando la verità, i mezzi di comunicazione possono svolgere le funzioni di informazione ed educazione per costuire una società giusta, democratica e civile.